venerdì 30 settembre 2016

Con la povertà non si scherza, giù le mani dal Reddito di Cittadinanza


ULTIM'ORAAbbiamo sventato in Commissione Lavoro il colpo di mano del Pd. Il reddito di cittadinanza non sarà abbinato al provvedimento truffa del Governo.
di Nunzia Catalfo
Oggi si è riunita la Commissione lavoro del Senato per parlare del Reddito di cittadinanza. L’obiettivo della maggioranza è chiaro: annacquare il nostro disegno di legge, affossandolo di fatto. Vorrebbero abbinarlo al cosiddetto "ddl povertà" presentato dal Governo. Una legge truffa, che nulla ha a che vedere con un sostegno al reddito. Una misura quella del governo che inganna milioni di cittadini che da anni sono in attesa di un aiuto concreto per avere una vita dignitosa.

La nostra proposta e quella del Governo sono due provvedimenti completamente diversi. Non è neanche come "mischiare mele con pere". Qui siamo al pesce fresco che si vorrebbe condire con una torta avariata, quella del governo. Mentre il Reddito di cittadinanza, che è equiparabile ad una vera e propria manovra economica e sociale, prevede un investimento serio (14,9 miliardi di euro) e azzererebbe di fatto la povertà come certificato dall’ISTAT, il cosiddetto "ddl povertà" destinerà poco più di 1 miliardo di euro e non risolverà in alcun modo il problema.
Si tratta, infatti, della solita misura slogan diretta a dare qualche "bonus", ma che lascerà senza alcun tipo di aiuto i milioni di cittadini che sono rimasti ai margini. Diversi anche i beneficiari. La misura del governo è destinata soltanto a 250 mila famiglie ed escluderà addirittura tutti quei nuclei familiari che hanno un reddito pari a 0 e che l’Istat ha quantificato in 389 mila. Il Reddito di cittadinanza, invece, ridarebbe dignità a circa 3 milioni di famiglie che sono a rischio di povertà. Famiglie che sono in momentanea situazione di difficoltà economica perché magari qualche componente ha perso il lavoro e che con il reddito di cittadinanza del M5S verrebbe sostenuto, qualificato e nuovamente reinserito nel mondo del lavoro.
Una misura fallimentare, quella del Governo, che verrà inoltre collegata all’ISEE e che abbandonerà di conseguenza tantissime famiglie che, nonostante risultino possedere un bene immobile o una vecchia auto, vivono nella miseria più totale perché impoverite dalla crisi economica. Famiglie che invece troverebbero tutela con il reddito di cittadinanza da noi proposto. Nei fatti il disegno di legge presentato dal Governo, ci allontanerà ancora una volta dalle misure di sostegno al reddito che esistono già in tutta Europa.

Il MoVimento 5 Stelle non si fermerà. Abbiamo dato battaglia in Commissione lavoro al Senato e continueremo a farlo, perchè sappiamo che il Reddito di Cittadinanza è dignità, oltre che salvezza per tutte quelle persone che ricattate dalla politica sono costrette a vendere, in cambio di un pasto, persino il proprio voto. Questa volta nessuno si azzardi a dire che le risorse non si trovano: il Jobs Act che è stato un vero e proprio fallimento ci costerà più di 20 miliardi. Il bonus degli 80 euro ci costa ogni anno 10 miliardi di euro. Il Governo spreca miliardi di euro per rendere il lavoro sempre più precario, indebitando pesantemente il Paese senza ottenere alcun risultato come dimostrano tutti i dati economici. A tutto questo il presidente del Consiglio aggiunge il rilancio dell'inutile Ponte di Messina che costerebbe 8 miliardi di euro...
Con la povertà non si scherza, giù le mani dal Reddito di Cittadinanza



http://altrarealta.blogspot.it/

giovedì 29 settembre 2016

Logosintesi: ovvero come aiutarsi con le parole


Logosintesi: ovvero come aiutarsi con le parole
... La coscienza si può cristallizzare nel passato, nella rappresentazione interna di episodi non gestibili altrimenti …
La coscienza si può cristallizzare nel futuro, mediante l’immaginazione automatica di situazioni diverse dalla realtà …
Ancora, la coscienza si può congelare in una credenza: idee politiche, scientifiche, religiose, psicologiche etc. possono influenzare pesantemente uomini e popoli, alterandone la capacità di esprimere il loro pieno potenziale.
Logosintesi è il mezzo per riportare tutto al tempo ed al luogo giusti, ovvero in allineamento con l’Essenza. ...
Per capire che cos'è la logosintesi partiamo dalla prima affermazione:
Recupero tutta la mia energia legata a questo ricordo, e la riporto nel posto giusto in me stesso/a”.
Un individuo che pronunci questa frase dopo aver focalizzato un ricordo doloroso, molto probabilmente farà un’esperienza memorabile.
Le caratteristiche sensoriali della scena tenderanno a mutare, facendosi sempre meno definite. Le reazioni corporee ed emotive al ricordo, quali tensione, rabbia, paura, dolore saranno sempre meno evidenti, ed in taluni casi scompariranno come neve al sole. Magia?
Per qualcuno potrebbe sembrarlo, invece trattasi di logos syn thesis ovvero riunire mediante le parole: si richiama quel frammento del sé che si era “staccato” al momento dell’evento doloroso e che era rimasto letteralmente congelato nello spazio e nel tempo, dando luogo ad una sorta di enclave energetica.
Nel 2005 il Dr. Willem Lammers, psicoterapeuta con esperienza clinica ultratrentennale, ha fatto una serie di scoperte che l’hanno condotto ad ideare un nuovo modello di auto-aiuto e di cambiamento guidato:
Logosintesi.
Il metodo della Logosintesi
Le radici di questo metodo affondano nelle viscere della storia umana, in tempi nei quali lo sciamano era considerato il punto di riferimento del villaggio per le sue capacità di interagire con il mondo del sovrasensibile. Tra le varie culture sciamaniche troviamo un’idea comune a varie latitudini: un evento traumatico crea un “frammento d’anima”, una scheggia di coscienza che si separa e si isola dal tutto per gestire l’evento e le sue conseguenze. Uno dei ruoli dello sciamano è quindi quello di aiutare il sofferente, mediante specifici rituali, nel recupero di quel frammento così che la sua consapevolezza possa tornare (un po’ più) intera. Inoltre, spetta sempre all’uomo di medicina la cacciata degli spiriti maligni (leggi: energia estranea) dalla coscienza dell’individuo.
“Allontano tutta l’energia estranea collegata a questo ricordo, da tutte le mie cellule, dal mio corpo e dal mio spazio personale, e la rimando nel luogo e nel tempo a cui realmente appartiene”.
Gli elementi percettivi dell’esperienza dolorosa, che il soggetto ha inconsciamente trattenuto, vengono finalmente rilasciati in seguito all’enunciazione di questa frase. L’energia di persone, luoghi, idee, credenze viene restituita in flusso al legittimo “proprietario”, favorendo un sostanziale riequilibrio ed una ulteriore presa di coscienza. La frase di allontanamento costituisce il punto due del processo di Logosintesi, ed è spesso risolutiva senza essere vanamente consolatoria.
Diversamente da approcci che cercano di compensare un vissuto doloroso mediante la reinterpretazione cognitiva, Logosintesi prevede il ripristino della coscienza (energia) allo stato fluido, ovvero alla possibilità di rispondere alla vita nei modi più efficaci. Nessun giudizio, nessuna comparazione: dato l’evento X rimasto cristallizzato nell’orizzonte spazio-temporale, si utilizza il potere della parola per recuperare il frammento del sé che si è staccato dalla coscienza (dissociazione), e per allontanare ciò che non appartiene ed è rimasto come un ologramma nello spazio personale (introiezione).

A partire dall’accadimento di X e della sua cristallizzazione, l’individuo inizia a reagire ad esso mediante emozioni, sintomi fisici e azioni, che possono coagularsi in schemi cognitivi e comportamentali. Talvolta queste reazioni vanno avanti per anni (si pensi al disturbo post traumatico da stress) e continueranno a farlo fino a quando nella rappresentazione dell’evento non sia stato ripristinato il flusso.
Ecco allora la terza frase di Logosintesi:
“Recupero tutta la mia energia legata a tutte le mie reazioni a questo ricordo, e la riporto al posto giusto in me stesso/a”.
Dopo l’enunciazione di queste parole il soggetto, che già aveva trovato sollievo dalla vaporizzazione dell’evento, può smettere di reagire ad esso (anche se lo faceva da mesi o anni) realizzando una verità facile da afferrare cognitivamente solo se la parte più arcaica del cervello è liberata. L’evento appartiene al passato, tuttavia la sua traccia (che è stata bonificata grazie alle prime due frasi) veniva reiterata continuando così a generare reazioni inutili e spesso dannose. L’individuo ha così elaborato qualcosa fino ad allora indigesto, ha smesso di reagire in modo meccanico ad un evento del passato ed ha a disposizione il suo potenziale di consapevolezza (che varia da persona a persona) per poter vivere il presente.
I quattro principi della Logosintesi
La Logosintesi è strutturata su quattro principi fondamentali che illustrano l’origine della sofferenza umana, il modo con il quale si perpetua ed una via per uscirne.
1. La sofferenza deriva da una perdita di contatto con l’Essenza, la natura spirituale dell’essere umano.
2. Introiezioni e parti dissociate creano e mantengono questo stato di disconnessione.
3. Introiezioni e parti dissociate sono ologrammi congelati presenti nello spazio di percezione.
4. Il potere della parola permette di dissolvere questi ologrammi, riportando l’energia in flusso.
La possibilità di manifestare la coscienza è il tratto peculiare dell’essere umano. Possiamo definirla come la capacità di comprendere ciò che accade, oltre che ad influenzarlo. La coscienza varia in base all’età, alle esperienze pregresse, alle caratteristiche genetiche ed alle memorie genealogiche, alle attitudini e alle abitudini cognitive e comportamentali. Inoltre, la consapevolezza cambia anche in base ai periodi, alle fasi della vita, alle situazioni contingenti ed a chissà quanti altri possibili fattori di influenza. La tendenza è quella di una evoluzione della coscienza partendo dalla nascita (o dal concepimento?) fino all’età adulta. Ciò che può turbare un bambino è spesso fonte di ilarità per un adulto.
Ecco perché la fase della vita maggiormente suscettibile di creare ologrammi congelati è proprio l’infanzia. Man mano il bambino cresce e si abitua alla vita sulla Terra, il contatto con la natura spirituale viene meno a causa di eventi e situazioni ingestibili dalla coscienza infantile.
La minaccia dell’abbandono, l’incapacità di comunicare i propri bisogni, il confronto con realtà non sempre amichevoli portano ad un progressivo cristallizzarsi di scene, parole, suoni, odori, sapori e percezioni di un mondo a tratti incomprensibile e pericoloso. Le urla dei genitori, le aggressioni da parte di fratelli e sorelle, i litigi, la sofferenza percepita negli adulti diventano introiezioni, veri e propri ologrammi che si affastellano nell’orizzonte percettivo e lì rimangono anche per anni, talvolta per un’intera vita.

Ad essi fanno fronte le parti dissociate, i frammenti d’anima che si staccano dalla coscienza per gestire le introiezioni. Gli ologrammi ed i frammenti costituiscono dei veri e propri mondi congelati, che stabilizzano la percezione della realtà dell’individuo ma che ne restringono enormemente la visione e lo spazio d’azione. Tali mondi rimangono come statue nel museo percettivo dell’individuo, influenzandone pensieri, emozioni e comportamenti spesso in modo del tutto inconscio.
Il quarto principio ci illustra che gli ologrammi e le parti dissociate possono essere dissolti grazie al potere della parola, uno dei più antichi dell’umanità. Le varie tradizioni spirituali e religiose attribuiscono a dèi e uomini la capacità di orientare l’intento (leggi: creare) grazie alla parola, proferita sia all’interno di precisi rituali sia come semplice manifestazione delle intenzioni di chi parla.
Le frasi di Logosintesi agiscono al di là della mente razionale, tanto che anche i bambini possono utilizzarle pur non comprendendone pienamente il senso. Veicolando l’intento di ripristinare il flusso nei confronti di ciò che è rimasto congelato nell’orizzonte percettivo dell’individuo, vale a dire memorie, fantasie o credenze, le frasi favoriscono la digestione delle esperienze e delle reazioni ad esse.
Coscienza nel tempo e nello spazio
La coscienza si può cristallizzare nel passato, nella rappresentazione interna di episodi non gestibili altrimenti. Scene di violenza psicologica, verbale o fisica, ma anche situazioni manipolatorie non forzatamente minacciose che sono penetrate nello spazio di percezione diventando regole, tabù o convinzioni.
La coscienza si può cristallizzare nel futuro, mediante l’immaginazione automatica di situazioni diverse dalla realtà, siano esse positive o negative. L’aspettativa che un giorno verrà il principe azzurro (o la principessa rosa) è altrettanto dannosa della fantasia di poter essere aggrediti: una genera una vita costruita su un ideale (che giocoforza limita la percezione della realtà e delle opportunità che essa offre) mentre l’altra dà luogo ad attacchi di panico e comportamenti fobici.
Ancora, la coscienza si può congelare in una credenza: idee politiche, scientifiche, religiose, psicologiche etc. possono influenzare pesantemente uomini e popoli, alterandone la capacità di esprimere il loro pieno potenziale.
Infine, la coscienza si cristallizza nel momento in cui l’individuo vive una data esperienza (reale o immaginata), conservando le caratteristiche e le funzioni di quel momento. Pertanto un episodio di violenza vissuto all’età di quattro anni conserverà non solo le rappresentazioni sensoriali dell’evento, ma anche le modalità di reazione del bambino. Quando, una volta divenuto adulto, qualcosa nell’ambiente andrà a risvegliare l’episodio congelato, le reazioni saranno automaticamente simili a quelle archiviate al momento dell’evento, ovvero da bambino di quattro anni. Assistiamo in questo caso ad una inversione della freccia del tempo, dove un adulto più o meno integrato ed una parte bambina dissociata coesistono in un solo corpo. Logosintesi è il mezzo per riportare tutto al tempo ed al luogo giusti, ovvero in allineamento con l’Essenza.
Queste osservazioni conducono ad una considerazione in grado, una volta compresa, di generare grande entusiasmo. Che la coscienza sia cristallizzata nel passato, nel futuro o in una credenza, la soluzione è a portata di bocca. 
Pronunciare le frasi di Logosintesi dopo aver attentamente focalizzato l’ologramma e le reazioni che porta con sé conduce invariabilmente gli esperti utilizzatori ad un ripristino del flusso, foriero di nuove possibilità e modalità di gestione dell’ambiente interiore ed esteriore.
Le reazioni da automatiche diventano più consapevoli, e si espandono gli orizzonti di scelta. Laddove prima la rabbia o la sofferenza era l’unica possibilità, dopo l’intervento con Logosintesi il ventaglio delle possibili reazioni aumenta.
I praticanti di lunga data si sono accorti che Logosintesi diventa una sorta di disciplina, un approccio che si rivela utile non solo per sanare il passato o cambiare il futuro, ma anche per riportare il flusso in tutti quegli ambiti di vita che non erano mai stati messi in questione. Così ogni valore, idea, memoria, fantasia vengono trasformati dal potere delle parole, passando da idee e percezioni congelate a rappresentazioni di un mondo in continuo mutamento. 
Per concludere, Logosintesi può essere scambiata per una tecnica mentre in realtà è molto di più: un modello elegante ed efficace per favorire l’evoluzione dei singoli e dei gruppi umani, oltre che uno strumento indispensabile a chi opera nel campo della relazione d’aiuto. 
Il lettore che si avvicini a Logosintesi stia attento: potrebbe cadere nello specchio e ritrovarsi nella tana del Bianconiglio, dove esiste solo il qui-ed-ora e tutto è, semplicemente, in flusso.
di Andrea Fredi
*******
Chi è Andrea Fredi

Andrea Fredi (1974) ricercatore nel campo delle Tecniche Energetiche, contribuisce alla diffusione di metodi quali EFT, PET, AGER e Logosintesi. Nel 2013 ha sviluppato EFT-I, focalizzata sulla Sovranità Interiore e sull’utilizzo della consapevolezza come mezzo di trasformazione. E’ fondatore di siti internet dedicati a metodi di auto-aiuto e in breve divenuti una “fonte di energia rinnovabile” per la condivisione di esperienze tra i praticanti, la formazione e gli aggiornamenti. E' anche responsabile dell’Istituto di Logosintesi. Andrea vive a Lugano (Svizzera) dove collabora con Dainami, società di formazione che si avvale di insegnanti di fama internazionale. Tiene conferenze e seminari in Europa, America e Australia. I suoi libri e DVD sono preziose risorse per apprendere e approfondire l’affascinante mondo delle tecniche di auto-aiuto.
 

mercoledì 28 settembre 2016

Lavorare la metà e guadagnare il doppio: si può fare!

img1
La Foxconn è l’azienda cinese che produce componenti elettronici per Apple, Microsoft e molte altre multinazionali del settore tecnologico. Recentemente ha ridotto il numero dei suoi operai da 110mila a 50mila, non perché colpita dalla crisi, ma semplicemente per sostituire il loro lavoro con quello dei robot. Lo stesso sta avvenendo con meno clamore in tante ditte più piccole, da tempo, anche in Italia.
La sharing economy, l’intelligenza artificiale e l’internet delle cose sono i tre fattori di un cambiamento epocale in atto, potenzialmente accomunabile alla rivoluzione industriale nelle conseguenze economiche e sociali. Si stima che nei prossimi 10-20 anni il 50% delle professioni scompariranno o saranno automatizzate. Una rivoluzione che potrebbe cambiare definitivamente i concetti di lavoro e capitalismo come oggi li conosciamo.
In un mondo che funziona interpreteremmo questa notizia come una grandiosa rivoluzione. Le macchine potranno lavorare al posto nostro e se per fare il lavoro di 100 persone da domani ne basteranno 50 vorrà dire che tutti potremo lavorare la metà del tempo. Liberando così buona parte della giornata per le cose che contano davvero nella vita.
Per lungo tempo si è creduto che questa sarebbe stata la conseguenza della meccanicizzazione del lavoro. Nel 1930 John Keynes, probabilmente il più influente economista del secolo scorso, scriveva che nell’arco di cento anni la ricchezza disponibile sarebbe quadruplicata e allo stesso tempo la settimana lavorativa si sarebbe progressivamente ridotta fino ad arrivare 15 ore, consentendo così alle persone di avere tempo per le passioni, il tempo libero e la salute.
Al 2030 manca ormai poco e se è vero che le previsioni keynesiane si sono ampiamente avverate per quanto riguarda la ricchezza complessiva degli stati occidentali, già oggi di cinque volte superiore rispetto al 1930, lo stesso non si può certo dire riguardo all’orario di lavoro.
Per alcuni anni il mondo sembrò effettivamente andare nella direzione prevista da Keynes, nel 1932 il Senato Usa approvò una legge che riduceva l’orario di lavoro a 30 ore settimanali, una norma che venne giudicata sostenibile economicamente alla luce della maggiore produttività garantita dalla macchinazione del lavoro e pensata insieme per ridurre la disoccupazione e aumentare i consumi. La norma ebbe però vita breve sotto la pressione delle lobbies industriali e il nuovo presidente Roosevelt la annullò l’anno seguente.
Nuovamente negli anni ’90 il mondo parve essere vicino a una riduzione dell’orario di lavoro. Alcuni Paesi europei, Francia in testa, sperimentarono la settimana lavorativa di 35 ore. Poi il nuovo millennio, la competizione globale, le delocalizzazioni, la crisi finanziaria: al giorno d’oggi si fanno leggi che deregolamentano le ore di straordinario, parlare di ridurre l’orario di lavoro è considerato da pazzi. Il risultato è che lavoriamo più o meno quanto i nostri nonni, ma con livelli di stress maggiori a causa della diffusione dei lavori cognitivi.
Oggi la pressione e il lavoro eccessivo stanno diventando un vero status symbol. Spinti dalla retorica iper-produttiva che avanza e dal sogno che solo rimboccandosi le maniche ci si può realizzare aspirando a tutti gli agi che la pubblicità ci propone come bisogni, avere del tempo libero è diventato quasi uno stigma sociale, una cosa da falliti, non la scelta consapevole di chi decide di anteporre la vita al lavoro.
The hand reaches out from big heap of crumpled papers
Si è inclini a credere che chi lavora meno passi il tempo oziando davanti alla tv o al computer. Ma le statistiche ci dicono che è proprio nelle nazioni dove si lavora troppo, come negli Stati Uniti, che le persone passano più tempo davanti agli schermi: 4 ore al giorno, praticamente nove anni filati nel corso della vita. Lavorare troppo prosciuga energie fisiche e mentali, e spinge a fare attività come guardare la tv, che ci permettono di rimanere completamente passivi, mentre il flusso delle immagini, tra una serie e talk show, ci mostra pubblicità incalzanti su nuovi prodotti che dobbiamo assolutamente riuscire ad avere. Lavorando di più per poterceli permettere, naturalmente.
Un circolo vizioso che non è neppure funzionale al buon andamento del sistema. È provato come proprio lo stress e gli orari di lavoro eccessivi siano causa di tanti disastri, da quello nucleare di Chernobyl, a molti incidenti ferroviari, automobilistici o aerei. Proprio nelle ultime ore di lavoro e in quelle straordinarie secondo uno studio della Cgil si concentrano più della metà degli incidenti sul lavoro che avvengono in Italia, causando tragedie individuali e spese per il servizio sanitario.
Lavorare a lungo non giova neppure alla crescita economica delle nazioni. Può sembrare un controsenso ma è così, anche se da anni cercano di convincerci che bisogna diventare più produttivi, accettare gli straordinari, deregolamentare ogni norma sul lavoro e tenere aperti gli esercizi commerciali anche la domenica. La verità è che i paesi dove si lavora di più sono anche quelli dove la disuguaglianza economica è più accentuata e dove il Pil non cresce. Non a caso in Europa la nazione dove si lavora di più è la Grecia (42 ore medie a settimana) seguita da Portogallo e Spagna, mentre quelle dove si lavora meno sono Lussemburgo, Paesi Bassi e Germania.
Eppure gli strumenti per uscire da questo sistema ingiusto e inefficace, se non per i pochi che dallo sfruttamento della manodopera si arricchiscono, scaricandone sulla società i costi in termini sociali e sanitari, ci sarebbero. Come abbiamo visto la ricchezza che un’ora di lavoro genera è enormemente superiore a 100 anni fa grazie alla tecnologia. Basterebbe semplicemente distribuire in modo corretto questa ricchezza per permettere a tutti di avere un lavoro e far sì che esso non occupi la gran parte della vita di un essere umano. Quello che manca è un cambio di paradigma, che può avvenire solo con una nuova consapevolezza collettiva che porti a un cambiamento politico.
Per prima cosa il lavoro non è solo il lavoro salariato, cioè quello destinato alla paga e al mercato, anche se hanno fatto di tutto per convincerci del contrario. Se è vero che il lavoro salariato scarseggia (e, per fortuna, scarseggerà sempre di più) di lavori da fare ce ne sono in abbondanza: edifici da rimettere a posto, argini di fiumi da rinforzare, città da ripulire e buche da sistemare, bambini svantaggiati da sostenere e anziani da assistere. Le risorse per fare tutto questo ci sono, basta toglierle dalle tasche dell’1% che si arricchisce costringendo gli altri alla fatica per la sopravvivenza.
E ci sono anche per approvare un vero reddito di cittadinanza. Se le macchine lavorano per noi perché non dobbiamo godere della ricchezza che producono? Anche qui la retorica che milioni di persone pagate a prescindere si perderebbero nell’ozio non regge. È fumo negli occhi per difendere un sistema razionalmente indifendibile. Diversi esperimenti condotti nel passato (negli Usa ma anche nel nord Europa) hanno evidenziato come le persone assegnatarie di un reddito incondizionato utilizzavano il tempo e la serenità derivante dal non avere l’assillo del reddito per cominciare progetti che nella maggioranza dei casi si rivelavano fruttuosi in poco tempo, che fossero imprese private o iniziative di pubblica utilità.
A Göteborg, la seconda città più grande della Svezia, da due anni si sta sperimentando la settimana lavorativa di 30 ore. Un esperimento approvato da diversi economisti, che sostengono che diminuendo l’orario lavorativo i lavoratori non diminuiranno la loro produttività in quanto è provato che il rendimento di ogni lavoratore decresce ora dopo ora. Inoltre si stima che avere più ore libere aiuterà a fare girare l’economia e a migliorare la salute dei lavoratori, diminuendo così la spesa sanitaria. Un esperimento seguito con interesse dal governo nazionale pronto, se i risultati saranno confortanti, a trasformarlo in legge. Non è la svolta definitiva nel senso che auspichiamo, ma già cominciare da qui sarebbe un passo avanti.

http://www.dolcevitaonline.it/lavorare-la-meta-e-guadagnare-il-doppio-si-puo-fare/

martedì 27 settembre 2016

SE VUOI GUARIRE…


Chiunque sia spaventato dai propri lati oscuri non può procedere verso la luce. Chiunque rifiuti la propria umanità e finga di essere completamente spirituale, non è integro né integrato. Non accettare un guaritore ferito, anche se ha un nome angelico, anche se è tenuto in grande considerazione dagli altri. Trovati una guida che non abbia un’agenda di lavoro. Qualcuno che ti dica: “Sì. Ci sono passato. Conosco grossomodo la strada, ma non so esattamente cosa ti aspetta. Tutto ciò che posso fare è accompagnarti, aiutarti a entrare nell’ombra e stare a vedere ciò che accade. Tutto ciò che posso fare è “l’amico”, non “l’esperto”. Non c’è nessun esperto.
Ci sono semplicemente persone che hanno compiuto il viaggio e persone che non l’hanno fatto. Coloro che sono arrivati in fondo non assumono un ruolo professionale. Sono stati resi umili dal loro viaggio. Coloro che il viaggio non l’hanno fatto fanno affermazioni tronfie, che vanno in pezzi la prima volta che s’identificano con te e che i loro pulsanti vengono premuti. Chi ha fatto il viaggio fino all’inferno ed è tornato indietro non smania per il cielo. Non appartiene al regno delle favole. Odora di fuoco e di terra. La sua fronte è solcata dalle rughe, perché per secoli è stata sott’acqua. La sua bellezza è quella della terra. E’ una principessa segnata dal tempo, una madre, non una sposa dal candore virginale. Per risorgere, per salire al cielo, prima devi incontrare il diavolo, a testa alta. Non lo troverai, se continui a cercarlo negli altri. Se non credi nella tua esistenza, significa che non ti sei dato la pena di cercarlo dentro la tua mente. Il diavolo è la tua stessa presenza angelica, dissacrata. E’ la tua dimenticanza, la tua violenza nei confronti di te stesso. E’ colui che è ferito, crocifisso, l’angelo caduto dal cielo al letamaio, nella forza selvaggia dell’incarnazione terrena. Lui è te, più di quanto non lo sia il tuo io angelico. Il tuo io angelico è etereo, come l’aria. 
Non è di questa terra. Non può elevarsi rispetto a ciò che non ha mai incontrato. Il diavolo è di questa terra. La tua mente, il tuo ego è il creatore della terra, con tutto il suo dolore e la sua bellezza manifesti. Non respingere la tua creazione prima di essere arrivato a conoscerla. Cammina sotto la pioggia. Bruciati sotto il sole. Rotolati nel fango. Assapora tutto pienamente. Non cercare di lasciare questo mondo prima di essere pronto. La necessità di partire segnala la totale dipendenza dallo stato di dolore. Devo dirti francamente che non c’è nessun posto dove andare. E’ così. Non puoi andartene, uscire dalla tua stessa creazione. 
Devi muoverti in essa, essere con essa e imparare ad allontanarla da te. Dio non verrà come salvatore, a liberarti da un mondo che ti sei creato da solo. Questa è una vecchia soluzione paradigmatica. Non ti dà alcun potere. Anche se fosse possibile, non sarebbe nel tuo interesse. Dio arriva attraverso il tuo gesto di accettazione nei confronti della tua mente. Arriva nell’amore e nella compassione che porti a colui che è ferito, dentro e fuori. Arriva quando ti chini ad abbracciare le ali scure che si muovono piano, di fronte alla porta chiusa della tua paura.
 Queste ali non potranno farti male. Nessuno è dissacrato, per quanto grande sia la ferita che ha dentro. Nessuno viene derubato della sua innocenza, per quanto grave sia l’abuso che ha fatto o ricevuto. Devi vedere attraverso quel colore scuro, ed entrare nel calore di quelle ali. Qui c’è una porta che conduce diritto al cuore. Entra nel tuo dolore! Non puoi arrivare a Dio se non attraversi la notte oscura dell’anima. 
Tutte le tue paure, i tuoi motivi di vergogna, devono essere innalzati. Tutti i tuoi sentimenti di separazione devono venire a galla per essere curati. Come puoi risorgere dalle ceneri del tuo dolore, se prima non lo riconosci? Coloro che fingono di non avere ferite non inizieranno mai il viaggio spirituale. Coloro che aprono la ferita e fustigano se stessi o gli altri non faranno più di un passo nel processo di guarigione. Se vuoi guarire, ricorda, lascia affiorare il dolore. Guarda la tua ferita, riconoscila. Sii con essa e lascia che essa t’insegni.»

Paul Ferrini – “Il Silenzio del Cuore”

http://divinetools-raja.blogspot.it La Via del Ritorno... a Casa

lunedì 26 settembre 2016

L’installazione estranea



Carlos: «Ma come ci riescono, don Juan? Ci sussurrano queste cose all’orecchio mentre dormiamo?».
Don Juan: «Certamente no. Sarebbe idiota! Sono infinitamente più efficienti e organizzati. Per mantenerci obbedienti, deboli e mansueti, i predatori si sono impegnati in un’operazione stu- penda, naturalmente dal punto di vista dello stratega. Orrenda nell’ottica di chi la subisce. Ci hanno dato la loro mente!

Mi ascolti? I predatori ci hanno dato la loro mente che è la no- stra. La mente dei predatori è barocca, contraddittoria, tetra, ossessionata dal timore di essere smascherata. Benché tu non abbia mai sofferto la fame, sei ugualmente vittima dell’ansia da cibo e la tua altro non è che l’ansia del predatore, sempre timo- roso che il suo stratagemma venga scoperto e il nutrimento gli sia negato. Tramite la mente che, dopotutto, è la loro, i predatori instillano nella vita degli uomini ciò che più gli conviene...

Le nostre meschinità e le nostre contraddizioni sono il risultato di un conflitto trascendentale che affligge tutti noi, ma di cui solo gli sciamani sono dolorosamente e disperatamente consapevoli: si tratta del conflitto delle nostre due menti.

Una è la nostra vera mente, il prodotto delle nostre esperienze di vita, quella che parla di rado perché è stata sconfitta e rele- gata nell’oscurità. L’altra, quella che usiamo ogni giorno per qualunque attività quotidiana, è una installazione estranea». 
Don Juan spiega che gli sciamani possono sconfiggere l’installazione estranea attraverso una vita d’impeccabilità (l’uso strategico dell’energia), perché la disciplina strema in modo incommensurabile la mente aliena. 

La disciplina e la sobrietà sono qualità della consapevo- lezza che rendono la patina di splendore dell’uovo luminoso sgradevole al gusto del volador.

Ogni volta che si interrompe il dialogo interiore e si entra nel silenzio interiore si affatica la mente del predatore in modo così insostenibile che l’installazione estranea fugge. Successivamen- te essa ritorna, ma indebolita. Attraverso ripetuti stati di silen- zio interiore l’installazione estranea prima o poi viene sconfitta e non torna.

Ogni volta che si interrompe il dialogo interiore, il mondo così come lo conosciamo collassa e affiorano aspetti di noi del tutto straordinari, come se fino a quel momento fossero stati sorvegliati a vista dalle nostre parole.

Don Juan sostiene che il giorno in cui la mente estranea ci abbandona è il giorno più triste e difficile, poiché siamo costretti a contare solo sulle nostre forze e non c’è più nessuno a dirci cosa dobbiamo fare. Dopo un’esistenza di schiavitù, la nostra vera mente è molto debole e insicura e deve ritrovare la sua identità.
La via tolteca fornisce agli amanti della libertà tantis- sime tecniche pratiche per uscire dalla prigione della vita quotidiana: le arti dell’intento, dell’agguato e del sognare, la tecnica della ricapitolazione e i Passi Magici (Tensegrità).


avrah ka dabra - creo quel che dico
 
http://divinetools-raja.blogspot.it/2016/09/linstallazione-estranea.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+RInteriore+(R%C3%A8+Interiore)

domenica 25 settembre 2016

GUARIRE CON L'AIUTO DEL SUBCONSCIO


COME COSTRINGERE IL SUBCONSCIO A LAVORARE PER NOI?

Il subconscio funziona sempre, giorno e notte, è un operaio sempre al lavoro nel nostro organismo, ma noi non possiamo interagire con lui direttamente, tramite la mente.
Il linguaggio del subconscio sono la fede e le convinzioni, ciò in cui credete diventa la verità per il subconscio.
Come trasmettere nel subconscio il pensiero che cura?


E' stato documentato il caso di un pastore protestante che moriva a causa del cancro al polmone.
Il pastore aveva documentato la sua cura.
"Due o tre volte al giorno rilassavo la mia anima. Rilassavo prima il corpo e poi ripetevo: "i miei piedi sono rilassati, le gambe sono rilassate. Ora si stanno rilassando i muscoli dell'addome. Il cuore batte con regolarità, il respiro è regolare, tranquillo. La testa è rilassata, sono tutto rilassato". Dopo circa 5 minuti, quando raggiungevo uno stato di dormiveglia, affermavo: "Si trova in me, adesso, l'espressione della perfezione del disegno divino. Il mio subconscio è colmo del pensiero sulla perfetta salute.
La mia immagine davanti a Dio è impeccabile."

Si deve ricordare:

- Il subconscio gestisce tutti i processi vitali dell'organismo e conosce le risposte a tutte le domande.
- Prima di dormire, rivolgetevi a lui con una domanda, e vi convincerete della sua potenza miracolosa.
- Occorre controllare i pensieri che occupano la vostra coscienza; il pensiero è un'azione, e il subconscio fornisce una reazione automatica ai pensieri.
- Tutte le preoccupazioni sorgono a causa dei desideri non realizzati. Non fissatevi sui problemi e sulle difficoltà, la reazione del subconscio sarà bloccante: voi stessi bloccate la strada per il vostro benessere.
- Inviate nel subconscio i pensieri sulla pace, armonia, salute, e le funzioni corporali piano piano torneranno alla norma.
- Immaginate una soluzione felice del vostro problema, sentite la gioia per la sua realizzazione, e queste fantasie saranno accettate e poi realizzate dal subconscio.
Advanced Mind Institute Italia
 

sabato 24 settembre 2016

AKASHA: L' ARCHIVIO UNIVERSALE, IL LIBRO DELLA VITA

Akashico è un termine derivato dalla parola sanscrita "Akasa" che si riferisce a un'essenza indeterminata quale lo spazio o l'etere.


È un luogo spirituale che funge da memoria centrale di tutte le informazioni di ogni individuo che abbia mai vissuto su Gaia e nel cosmo. Più che un semplice contenitore di eventi, l’Archivio Akashico contiene ogni azione, parola, sentimento, pensiero e intenzione che sia mai avvenuto in qualsiasi momento della storia mondiale. Al contrario di un semplice magazzino di memoria, questo Archivio Akashico è interattivo, poiché esercita una grandissima influenza sulla nostra vita di ogni giorno, le relazioni, i sentimenti, i sistemi di credenze e le realtà potenziali che attiriamo su di noi.

L’Archivio Akashico contiene l’intera storia di ogni anima, sin dall’alba della Creazione. Questo archivio ci connette tutti gli uni agli altri, e contiene ogni simbolo archetipo o racconto mitologico che abbia mai influenzato profondamente il comportamento e le esperienze dell’uomo.

L’archivio Akashico ispira i sogni e le invenzioni, provoca l’attrazione o la repulsione tra gli esseri umani, modella e foggia i livelli della consapevolezza umana, costituisce una porzione della Mente Divina, è il giudice e la giuria imparziali che cercano di guidare, educare e trasformare ogni individuo per farlo evolvere al meglio delle sue possibilità, e infine incarna una matrice fluida e sempre mutevole di futuri possibili che diventano attuali quando noi esseri umani interagiamo e impariamo dai dati che si sono già accumulati.

L’archivio dell’Akasha o Mente Cosmica è, riducendo al minimo, il Grande Archivio Cosmico di tutti i fatti avvenuti da sempre; è una sorta di memoria di Dio, la somma di tutte le memorie.

Un individuo che va molto al di là del proprio corpo emozionale sperimenta l’unione col Sé ed a quel punto gli si apre la connessione con l’archivio dell’Akasha; quando si è nell'Akasha, non si è più sé stessi, ma si diviene il Tutto. Poiché l'Akasha è la "personalità" del Tutto, ecco che si possono ri-vivere delle cose che sono accadute migliaia di anni fa come se le avessimo vissute noi stessi, poiché quando si è nell'Akasha si è Dio.

È una cosa che va molto al di là di una liberazione dal corpo emozionale: è un fatto di livello di coscienza elevatissimo. Questa è una condizione essenziale per contattare l'Akasha.

L'accedere alle informazioni dell’Akasha richiede un armonizzarsi alle vibrazioni speciali sia del deposito che dell'informazione. L'informazione non è alla portata di tutte le anime. Quando un'anima è qualificata all'accesso di ulteriori informazioni contenute negli archivi akashici, l'otterrà, mai prima.

Secondo H. P. Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica, l’Archivio Akashico è molto di più che un semplice elenco statico di dati che un essere umano può raccogliere qui e là; piuttosto, l’Archivio esercita un’influenza continua e creativa sul presente:

Akasha è uno dei principi cosmici e un soggetto plastico, creativo nella sua natura fisica, immutabile nei suoi principi più elevati. È la quintessenza di tutte le possibili forme di energia, materiale, psichica o spirituale; inoltre, contiene in sé i germi della creazione universale, che fiorisce sotto l’impulso dello Spirito Divino.

Rudolf Steiner, il filosofo, pedagogista e fondatore della Società Antroposofica nato in Austria, possedeva la capacità di ricevere informazioni da oltre il mondo materiale: un “mondo spirituale” che per lui era tanto reale quanto per gli altri lo era il mondo fisico. Steiner affermava che la capacità di percepire questo altro mondo poteva essere sviluppata, rendendo un individuo capace di scorgere eventi e informazioni in tutto e per tutto concreti come quelli presenti:

...l’uomo è in grado di penetrare alle origini eterne delle cose che svaniscono con il tempo. In questo modo, egli amplia la sua facoltà cognitiva se, per quel che riguarda la conoscenza del passato, non si limita alle evidenze esteriori. Poi egli può vedere negli eventi non percepibili ai sensi, quella parte che il tempo non è in grado di distruggere. Egli passa dalla storia transitoria a quella non-transitoria. È un fatto che questa storia sia scritta in caratteri diversi rispetto a quella ordinaria. Nella gnosi e nella teosofia viene chiamata la “Cronaca Akashica”... Al non iniziato, che non è ancora in grado di fare l’esperienza di un mondo spirituale separato, è facile che l’iniziato sembri un visionario, se non qualcosa di peggio. Chi ha acquisito la capacità di percepire il mondo spirituale arriva a conoscere gli eventi passati nel loro carattere eterno. Questi ultimi non stanno di fronte a lui come la morta testimonianza della storia, bensì appaiono pieni di vita. In un certo senso, ciò che è avvenuto ha luogo davanti a lui.

http://divinetools-raja.blogspot.it/2016/09/akasha-l-archivio-universale-il-libro.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+RInteriore+(R%C3%A8+Interiore)

venerdì 23 settembre 2016

Overjam Reggae Festival, un piccolo paradiso in Slovenia

img4
Si è conclusa con successo la quinta edizione dell’Overjam Reggae Festival sulle rive del fiume Soca nel paese di Tolmin, tra i monti della Slovenia. Un evento (di cui Dolce Vita è media partner) che seguiamo fin dalla sua nascita, che ci piace e che vediamo crescere con piacere di anno in anno.
Il fiume situato all’interno di un parco naturale, rende la location di questo evento un posto magico e ideale per un festival simile.
Già dal primo giorno il camping si è riempito con sistemazioni di ogni tipo e nonostante i forti acquazzoni l’armonia del festival non è mai stata compromessa. Anche il bel tempo comunque non è mancato regalando sole, bagni nel fiume e luna piena.
Una bella unione di culture, stili e passioni: si respirava una grande armonia e un inconfondibile profumo di ganja. Molti i workshop gratuiti di yoga, capoeira, creazione di gioielli in canapa, giocoleria, percussioni, danza e pittura che hanno avuto luogo sulle sponde del fiume.
Esperienza positiva anche per i più piccoli, con uno spazio a loro dedicato per le attività ricreative. Sparsi per il festival diversi punti di ristoro come la pizzeria degli elfi, l’hemp food e l’indian food.
img6
Artisti e concerti di spessore del mondo del reggae hanno saputo rendere ogni serata speciale. Tra gli ospiti di quest’anno: Marcia Griffiths, Tarrus Riley, The Congos, Assassin aka Agent Sasco e molti altri. Presente anche uno spazio dedicato alla musica Dub con musica ad oltranza fino all’alba
Da segnalare alcune iniziative volte a incentivare l’ordine, la pulizia e il rispetto dell’ambiente, che vanno però perfezionate rendendo il regolamento più semplice e intuitivo.
Un vero gioiellino di Festival soprattutto per le sue dimensioni ancora abbastanza contenute (15mila partecipanti provenienti da 25 diversi Paesi) e un’area che permetteva di avere tutto a portata di mano rendendo il luogo spazioso ma non dispersivo.
6 giorni di pura spensieratezza, allegria e pace di cui si prova nostalgia quando si torna a casa.
a cura di Valentina Toffoli

http://www.dolcevitaonline.it/overjam-reggae-festival-un-piccolo-paradiso-in-slovenia/

giovedì 22 settembre 2016

3 CAUSE DELLE NOSTRE MALATTIE SECONDO GLI SCIAMANI

Nei termini dello sciamano, ci sono tre cause classiche della malattia, che, non a caso, non sono i batteri, i microbi o i virus, ma piuttosto gli stati interni.
La prima causa è la disarmonia, che succede quando gli uomini perdono una relazione per loro importante nella vita, o quando sono privi del senso di appartenenza. Per esempio la disarmonia si verifica quando, per una coppia di anziani che sono stati insieme la maggior parte della loro vita, improvvisamente uno di loro muore. Capita spesso che in un anno e mezzo, anche l’altro si ammala di qualcosa di serio come il cancro e muore. La disarmonia produce una diminuzione del potere personale che, a sua volta, ci rende vulnerabili alle malattie.

La seconda causa e la paura. Una persona che ha una paura cronica è spento dentro, è vulnerabile alle malattie, perché il timore diminuisce la capacità di funzionamento del sistema immunitario. Anche i medici sanno che la paura e la disarmonia si manifestano nelle malattie e sono riconosciute dalla scienza moderna.

La terza causa e la perdita d’anima.
E qui accade una cosa interessante. Dal punto di vista sciamanico, la perdita d’anima é il diagnostico più grave, é la causa delle malattie più importante e delle morti prematuri. Pero, nei trattati di medicina tradizionale non c’è alcun riferimento a questo aspetto.
Che cos’è la perdita d’anima? La perdita d’anima implica una ferita grave al cuore interno di una persona – alla sua essenza interiore, a chi è e che cos’ è quella persona. Di solito, la ferita risulta dalla frammentazione della sua essenza.
Nella nostra cultura, la perdita dell’anima è spesso associata ad un trauma. Per esempio, un bambino che è spinto a scuola senza pietà, o che viene molestato dalla persona che lo deve curare. La perdita d’anima avviene come risultato di un abuso, come nel caso di uno stupro o aggressione. La perdita dell’anima può accadere come conseguenza di un tradimento, un divorzio amaro, un aborto spontaneo traumatico, un terribile incidente d’auto, o addirittura un intervento chirurgico. Molti dei giovani che sono andati a lottare in Irak o Afganistan, sono tornati traumatizzati perchè hanno subito terribile perdite d’anima. Purtroppo, i medici occidentali non hanno molto da offrire in termini di vera guarigione e molti di loro sono ancora traumatizzati da ciò che gli e stato successo.

I sintomi della perdita d’anima sono: il sentimento che sei frammentato, che non sei completamente lì, l’incapacità di sentire o di ricevere amore, blocco di memoria, quando una persona non e capace di ricordarsi pezzi della sua vita, l’installazione all’ improvviso di apatia e indifferenza, la mancanza di gioia, dell’iniziativa, o l’incapacità di sentire la gioia, o anche la predisposizione per il suicidio o dipendenze. Le perdite di pezzi d’anima si manifestano spesso come malinconia e disperazione, che inducono il classico sintomo della perdita di anima – la depressione.
Dal punto di vista tradizionale, la malattia è vista come un’intrusione – qualcosa che entra nel corpo dall’esterno e che non appartiene al corpo. Ciò è vero quando si tratta di un virus, una freccia o una forma di pensiero negativo. Ma il problema iniziale non e l’intrusione della malattia. Il problema più importante è la perdita del potere o la perdita di una parte d’anima, che ha permesso alla malattia di entrare e manifestarsi nel corpo. Questo è il problema ed è qui dove lo sciamano gioca la sua parte migliore.

In conformità con la tradizione sciamanica, la guarigione avviene in fasi.
La prima fase implica quello che potremmo chiamare l’aumento della potenza, un processo durante quale lo sciamano dà piu potere al paziente.
La seconda fase prevede diagnosticare il problema, scoprendo la causa e percependo il suo effetto sul corpo del paziente.
La terza fase prevede il processo proprio di guarigione.
La quarta fase è critica. Questa è la pratica del recupero dell’anima persa.

Io, attraverso mio lavoro ho cercato di capire un po’ di ciò che significa essere una matematica, mistica e guaritrice, in un momento di alte tecnologie e superscienze. Di guardare all’origine e al destino della nostra specie attraverso un viaggio che mi permette a visualizzare ciò che possiamo diventare tutti quando accettiamo che siamo composti da tutto ciò che significa la creazione. Ho dovuto capire me stessa a tutti i livelli: spirituale, fisico, mentale ed emotivo. I miei problemi di potenza e controllo sono stati rispecchiati dai miei genitori. Loro mi hanno rivelato tutti gli aspetti per quali sono adesso qua, in questa vita, le lezioni che ho da imparare. Lo hanno fatto perché, a qualche livello, abbiamo scelto l’un l’altro per esserci reciprocamente insegnanti ed ho cercato di andare piu in passato possibile.
Lo sciamano sa che quando accade il processo di autoguarigione si guarisce il passato ma anche il futuro. Questa riflessione può avere una vibrazione diversa, un risultato diverso delle vecchie energie, che ci da la possibilità di creare il nostro proprio futuro.
Come dico sempre: La vita e una previsione che si autorealizza.
Dunque il Creatore dentro di noi non giudica, non punisce, e non ci da delle ricompense. Ma ci rifletta in totalità, fin quando iniziamo il processo di cambiamento. Non siamo neanche consapevoli delle nostre capacita di cambiarci fin quando non siamo preparati, pronti a farlo. E quando saremo pronti per creare questo cambiamento, una reazione affascinante può essere necessaria, attraverso la quale ci liberiamo dal passato per costruire un nuovo futuro.
La riscoperta del sciamanesimo e diventata un impulso maggiore nel corrente attuale di risveglio spirituale che il mondo occidentale sta attraversando e un ponte tra le tecniche tradizionale sciamaniche ed orientale, testate per lunghissimi periodi di tempo durante la nostra storia, e i metodi vari d’introspezione, efficienti e facili da imparare permette agli occidentali (che non fanno parte di una società tribale) di conettarsi al loro sorgente interiore di potenza e saggezza per facilitare la guarigione e l’eliminazione dei disaggi.

http://cromopuntura-cromos.blogspot.it/2016/09/3-cause-delle-nostre-malattie-secondo.html

mercoledì 21 settembre 2016

Arrestato per coltivazione di cannabis, muore d’infarto in carcere

il carcere Pagliarelli di Palermo
il carcere Pagliarelli di Palermo
Antonio Cangemi, arrestato un anno fa per coltivazione di cannabis è morto nel carcere di Palermo per infarto. Una vicenda ancor più assurda perché i parenti lo hanno scoperto solo il giorno dopo, quando si sono recati al consueto colloquio settimanale per incontrarlo, e gli agenti del penitenziario gli hanno annunciato che era deceduto il giorno prima.
Cangemi aveva 50 anni e soffriva di problemi di salute, tanto che i familiari avevano più volte chiesto che venisse trasferito ai domiciliari. Niente da fare, nonostante fosse in carcere solo per coltivazione di cannabis, senza essersi macchiato di alcun crimine violento, il giudice gli ha sempre negato la detenzione a casa, fino alla morte avvenuta venerdì scorso.
Un fatto che getta una nuova ombra sul sistema carcerario italiano e sull’assurda repressione che subiscono i crimini non violenti, in particolar modo se legati alla droga. Non sappiamo (le cronache non lo riportano) quale fosse stata la colpa dell’uomo, né se avesse coltivato due o duemila piante. L’assurdo è che per la legge non fa differenza e la pena prevista va comunque dai 2 ai 6 anni di reclusione. È ancor più intollerabile, inoltre, che un uomo debba morire in carcere in questo modo, a prescindere dal reato commesso.
Secondo quanto raccolto dal quotidiano Il Dubbio, la procura ha messo sotto sequestro la cartella clinica dell’uomo ed è stata aperta un’inchiesta disponendone l’autopsia. Ma a finire sotto indagine dovrebbero essere anche le modalità con le quali la famiglia dell’uomo è venuta a conoscenza del suo decesso.
Infatti, secondo l’ordinamento penitenziario in caso di decesso, le autorità devono immediatamente informare il coniuge, il convivente o il parente più prossimo. Invece i familiari non sono stati avvertiti e hanno ricevuto la terribile notizia nel giorno del colloquio. Secondo la direzione del carcere la notizia l’avrebbero dovuta dare i carabinieri. Comunque sia, non è stata rispettata la prassi.

http://www.dolcevitaonline.it/arrestato-per-coltivazione-di-cannabis-muore-dinfarto-in-carcere/

martedì 20 settembre 2016

La vera origine della Taranta: un pezzo di storia delle donne


In questi giorni si è celebrata nel Salento la Notte della Taranta, con tutto il corredo musicale della pizzica: è un’ottima occasione per parlare di qualcosa di cui si rischia di perdere ogni percezione. 
Le tarantate  erano quasi esclusivamente donne. Come mai?
Come emerge anche nel documentario del 1961 La Taranta, il tarantismo manifesta soprattutto uno sfogo di sopravvivenza dai condizionamenti di una società rigidamente patriarcale, che riservava alle donne solo sfruttamento, nella preclusione di ogni libertà e dell’eros. 

Una storia che si ripete in tutto il pianeta. Le donne, ove siano oppresse dalla tremenda violenza delle regole patriarcali, covano ovviamente profondi malesseri, che spesso sfociano in gravi stati di depressione e inerzia, oppure possono esplodere in terribili disperazioni. I maschi di ogni epoca hanno dato la colpa di ciò all’utero, non certo alle alienanti condizioni in cui hanno sempre costretto le loro compagne. Da cui il termine “isteria”, cioè sindrome che viene dall’utero. Qualcosa di molto simile al principio che fa dire ai razzisti che i “negri” sono violenti: sono fatti così! non è certo l’eterna miseria e umiliazione che li esaspera, ma un’indegnità che deriva dal colore della pelle. 
In epoca vittoriana le donne che si ribellavano emotivamente, o che avevano la forza di esprimere un dissenso, venivano spedite in manicomio dai premurosi mariti e padri, e lì spesso dovevano subire l’asportazione dell’utero – come ci racconta il bel film Hysteria.   
Il Salento, che fu abitato fin dal Paleolitico medio, conserva preziose testimonianze di figure femminili, quali “la donna di Ostuni” (23-28.000 AC) e le due Veneri di Parabita (13-12.000 AC). In questa antica terra le donne seppero trovare una via d’uscita alla pazzia verso cui le spingeva l’oppressione. E come? Dando vita, fin dal premedioevo, al mito delle “tarantolate” (che da lì si estese a tutto il Sud), cioè del pizzico velenoso di un mitico ragno che induceva uno stato di tristezza o di rabbia. Una “sindrome” a cui la saggezza popolare e femminile aveva trovato una cura in un complesso rito incentrato su una musica ritmica e in crescendo che riusciva a ridestare le donne catatoniche, o a incanalarne la furia ribelle, tramite una lunga danza senza remore, veri psicodrammi pieni di visioni e di rappresentazioni catartiche dei propri demoni - che alla fine le lasciava esauste, in un bagno di sudore, finalmente liberate dal “veleno del ragno”. Furono molte le prime giustificazioni che ci si diede, per inventare questo sapiente espediente. Il Sertum di Guglielmo Marra da Padova, del 1362, accenna a una tradizione popolare secondo cui la mitica tarantola, mentre morde le sue vittime, produce un canto, che se viene imitato dona sollievo agli effetti del morso. Nel 1513 il medico umanista Antonio De Ferrariis scriveva: la natura ha generato (nel Salento) un animale dannosissimo, un ragno, il cui veleno viene espulso al suono di flauti e tamburi.
Ad ogni modo la pratica presentava elementi magici che sfuggivano a ogni controllo del potere. La religione tentò di arginarla ponendola sotto l’egida di San Paolo, patrono di Galatina: ma le donne, a modo loro, più o meno inconsciamente, si svincolavano da questa “protezione” strappandosi oscenamente i vestiti di dosso, e addirittura orinando sugli altari – in una sorta di rito di possessione in cui permangono elementi del mito di Aracne. La donna che si trasforma in ragno, la sfida femminile nei confronti dell’ordine, e del divino usato a scopo repressivo, che libera l’elemento del soprannaturale nella musica e nell’arte. 
Poi, con l’allentarsi della morsa dell’oppressione, la pratica originaria è quasi scomparsa: le ultime vere tarantolate che si ricordino risalgono agli anni Sessanta del Novecento. L’eredità culturale e musicale che ne è rimasta è oggi rappresentata dalla “pizzica”. 
Ben vengano i festival della musica e del “folclore”: ma almeno noi donne salviamo la cultura che vi sottende – che è ben altro dal pittoresco.
E’ la nostra storia preziosa: quella che ci aiuta a ricostruirci, a riconoscerci e a capire noi stesse, consentendoci di raggiungere una vera identità autonoma. La storia che, proprio per questo, viene sistematicamente, eternamente soffocata e insabbiata, manipolata, distorta e infine annientata.
L’acqua te la funtana è mara mara - Ca se nu ‘nnera mara ca se nu ‘nnera mara
L’ acqua te la funtana è mara mara - Ca se nu ‘nnera mara ca se nu ‘nnera mara
Amore miu me la bbivia - Comu gira comu zzumpa e balla
Comu gira la nninella mia - Ci vorrebbe na zitella ci vorrebbe na zitella
Comu gira comu zzumpa e balla - Comu gira la nninella mia
Per goder la gioventù a mamma me mandau a li zanguni
ma ddittu ca sta sira ma ddittu ca sta sira
La mamma me mandau a li zanguni ma ddittu ca sta sira
amore miu su mmaccarruni
Marangia e marangella tu si ingiallita
mo vi’ ca ta’ futtuta mo vi’ ca ta’ futtuta
Marangia e marangella tu si ingiallita
mo vi’ ca ta’ futtuta amore miu la gelatura
Quando era zitu iu tuttu tiurnisi mo ca maggiu nzuratu mo ca maggiu nzuratu
Quando era zitu iu tuttu tiurnisi mo ca maggiu nzuratu, amore miu su comu li misi. 
http://politicafemminile-puglia.blogspot.it/2013/08/la-vera-storia-della-taranta-un-pezzo.html

lunedì 19 settembre 2016

Non ha molto senso in natura il parto doloroso. Il parto dovrebbe essere quantomeno piacevole.


Non ha molto senso in natura il parto doloroso. Il parto dovrebbe essere quantomeno piacevole.
Per quanto non riusciamo a capacitarci non manca giorno in cui non ci accorgiamo della menzogna che ci circonda in cui siamo totalmente immersi e che ci condiziona continuamente l’esistenza; parlando di parto una volta compresi i meccanismi della natura viene spontaneo chiedersi che senso hanno i forti dolori del parto?

Pochi se non addirittura nessuno! La natura incentiva le azioni che sono utili all’esistenza (bio-logiche) e dissuade da quelle dannose, per fare questo utilizza le percezioni dell’essere vivente con le quali lo conduce verso il naturalmente giusto e lo tiene a distanza da quello che sostanzialmente è contrario alla vita stessa.
La cosa più importante per Madre Natura è la Vita, mantenere in vita l’essere vivente è il primo e fondamentale scopo della Coscienza che in tal modo ha la possibilità di continuare l’esperienza in questa dimensione, subito dopo in ordine di importanza c’è la prosecuzione della vita che può essere attuata attraverso la procreazione in tutte le sue fasi(atto sessuale, concepimento, gravidanza e parto), è facile intuire che in natura tutto ciò che è bio-logico e necessario venga donato/vissuto con piacere e amore, anche se come si può ampiamente sperimentare oggi l’uomo a causa delle imposte ed innumerevoli sovrastrutture mentali ha trasformato la percezione di queste essenziali fasi trasformandole in qualcosa di faticoso, sofferto a volte addirittura doloroso; basti pensare che la vita oggi per i più è un peso che ci fa “trascinare” fino alla sua conclusione, condizione che chiaramente non fa che generare malattia, il parto è assolutamente doloroso e molte donne vogliono evitarlo, persino l’atto sessuale oggi costituisce sempre più un problema per via di molti tabù e convinzioni che si installano nella mente degli uomini tanto da alterarne la percezione da sublime ad appena piacevole se non peggio.
La natura ha ideato il parto affinchè esso fosse quantomeno piacevole.
L’amplesso sessuale, il concepimento e la successiva nascita di un nuovo essere vivente sono necessari alla natura e agli esseri viventi per perpetrare se stessi e pertanto devono essere appetibili, cioè piacevoli, se non addirittura sublimi, il contrario striderebbe enormemente con le regole della natura, infatti se non fossero tali atti accompagnati da un percezione positiva/piacevole non sarebbero incentivati e qualora addirittura fossero il contrario, quindi spiacevoli/dolorosi si andrebbe incontro all’estinzione.
E’ comunque opportuno rappresentare che nonostante ciò comunque il parto debba essere comunque abbastanza difficoltoso da portare a compimento, che richieda un notevole sforzo e anche certa forza di volontà, questo “limite” eviterebbe gli eccessi di nascite in maniera naturale.
E’ importante anche tener conto della funzione di unione – riunione del dolore;  i dolori devono essere visti anche in tal senso, essi infatti legano madre e figlio con un rapporto psico-spirituale quasi inscindibile, tuttavia una madre altamente evoluta e consapevole tale rapporto lo instaura immediatamente col bambino all’atto stesso del concepimento, quindi la fase di dolore del parto sarà del tutto assente. Quindi riassumendo la donna moderna plagiata com'è dal suo subconscio già alla nascita, fortemente condizionata dalla società, disconnessa dal suo vero sé è quasi sempre soggetta ai dolori del parto che hanno lo scopo di ricondurla al suo vero sé interiore ed ad un idilliaco legame col suo bambino cosa che invece non dovrebbe accadere alla donna-madre evoluta.
Nonostante ciò sia ben comprensibile alla maggior parte delle persone risulta difficile credere che l’evento naturale della nascita di un bambino sia stato previsto da madre natura come fonte di sensazioni fantastiche prive di profonda sofferenza.
Dimentichiamo sempre che pur essendo esseri divini di fatto però la maggior parte degli individui del pianeta è stata sottoposta ad un processo di personalizzazione egoica e programmazione alla paura sin da prima della nascita, caratteristiche che oramai sono innate negli esseri umani.
Come hanno fatto a suggestionarci fino a questo punto? Quant’è vecchia quest’opera di manipolazione?
Riguardo alla fattispecie specifica del parto questa programmazione che influisce sulla percezione e quindi sul vissuto dell’evento è da far risalire ai tempi(inventati) di Adamo ed Eva quando cacciati dal paradiso terrestre Eva fu condannata a partorire nel dolore e quindi non più nella gioia, poi le religioni e le culture hanno fatto il resto.
Questo può far capire il profondo livello di manipolazione percettiva a cui siamo sottoposti e che tale stato percettivo si tramanda di generazione in generazione da millenni e fa parte del nostro subconscio collettivo e quindi anche del singolo.
Riuscire a staccarsi dalla matrice di falsità in cui viviamo ci consentirà di vedere tutto con nuovi occhi ed a iniziare a vivere la nostra vera vita fatta di gioia non di dolori, contrasti, odio, prevaricazioni,inganni ecc.
Tornando alla questione del parto, l’evento più importante per il genere umano è palese come la sua percezione falsata sia frutto di una suggestione che dura da tempi immemorabili e che quindi non è affatto facile trascenderla, nonostante ciò di tanto in tanto la natura fa capolino facendo godere delle gioie del parto ad alcune donne, ma come avrete capito non si tratta di una semplice casualità bensì della normalità dell’essere donna, negata dai nostri veri e malvagi “padroni”.
Tenuto conto della funzionalità del parto per la continuazione della specie, delle regole di Madre Natura ed abbandonati lentamente i cliché culturali e religiosi ci si può finalmente avvicinare all’evento con un nuovo approccio, con fervida e gioiosa aspettativa, facendo cadere quelle tremende ed assurde tensioni che non consentono di godere dell’evento più bello in assoluto per una donna e per l’intera umanità.
Non si tratta di imparare una tecnica per stare meglio, anche se chiaramente sarebbe utile, ma di abbandonare ogni paura, tensione, credenza, diceria, ed entrare in strettissimo contatto col proprio bambino e col proprio essere madre che dona una gioia ed un piacere indescrivibile a parole.
Marcello Salas
Ispirato dal seguente articolo:

Parto orgasmico: mito o realtà?

. E’ certo che chiunque pensi al momento della nascita, non può che immaginare urla strazianti e donne sofferenti, complici la televisione e i film. Ma è davvero inevitabile passare le pene dell’inferno per dare alla luce o esistono esperienze differenti che possano sminuire la paura del dolore che si diffonde nel genere femminile all’idea di partorire?
Eppure di studi  e articoli di giornali (come El Mundo, La Stampa e altri) che dimostrano il contrario ce ne sono.  Frederick Leboyer, ostetrico e ginecologo francese, propulsore del parto dolce e del massaggio neonatale , fu fra i primi, già negli anni ’70,  a considerare le contrazioni dolorose durante il travaglio come sintomi patologici la cui causa si può attribuire alla paura del dolore stesso.
Quando una persona si aspetta dolore, si irrigidisce ed effettivamente percepirà dolore. La paura mantiene infatti attivo il sistema simpatico e non permette il rilassamento dei muscoli responsabili dell’ apertura del collo dell’utero, rendendo le contrazioni dei terribili crampi.
Invece, quando la partoriente è rilassata, l’ossitocina (uno degli ormoni che si liberano, insieme alla prolactina e alle beta-endorfine, durante il parto e anche durante il coito) fa sì che l’utero si rilassi e si espanda accompagnato da sensazioni piacevoli.
L’ossitocina sintetica invece, iniettata in vena bloccando così la produzione di quella naturale, irrigidisce i muscoli uterini provocando forti contrazioni spasmodiche e dolorose.
Altre autorità in materia di parto naturale sono la biologa spagnola Casilda Rodrigañez Bustos e l’ostetrico francese Michel Odent, che nei loro scritti hanno sottolineato l’affinità ormonale (ma non solo) dei processi biologici di accoppiamento e parto e la necessità di ridurre la medicalizzazione di questi ultimi. Entrambi evidenziano l’importanza  di recuperare la naturale flessibilità di un utero represso sessualmente fin dall’infanzia, rendendolo rigido a tal punto da vivere processi naturali (come il parto o le mestruazioni) como dolorosi.
Per parto orgasmico si intende un parto dove la donna, non necessariamente raggiungendo il climax, entra in uno stato estatico di forte connessione con il bebé, amore profondo e piacere fisico.
I fattori determinanti ovviamente sono molti, come durante un incontro amoroso: intimità, sentirsi al sicuro e protetta, fiduciosa e a proprio agio con il proprio corpo e con le persone accompagnanti. Sapere di essere in grado di partorire, in quanto donna, ed avere una relazione sana e positiva con il proprio corpo sono punti chiave del cammino di preparazione fisica, emotiva e spirituale a questo rito di passaggio.
Benché l’ esperienza del parto estatico non sia comune, per le condizioni in cui avviene la maggior parte di essi e la grande medicalizzazione che inibisce la segregazione naturale dell’ossitocina, vi sono numerosi casi di donne che, pur non raggiungendo l’orgasmo, provano piacere o perlomeno non provano dolore.
Uno studio francese (fra i vari realizzati in tutto il mondo) capeggiato dal ricercatore Thierry Postel e pubblicato sulla rivista Sexologies, ha indicato come lo 0,3% dei parti (circa 1.536) si sia rivelato orgasmico. Su 206.000 nascite monitorate, 668 furono indicate tali dalle ostetriche su testimonianza delle madri, mentre altre 868 solo su osservazione delle ostetriche. Curiosamente, solo 9 donne confermarono personalmente di averlo vissuto, il che apre una finestra sul tabù della nostra società a riguardo.
Il pluri-premiato documentario Orgasmic Birth (2008) di Debra Pascali-Bonaro raccoglie le testimonianze di 11 madri che hanno avuto la fortuna di vivere quest’esperienza, portando alla luce una tematica alquanto silenziata dai media.
Le prove ci sono insomma, schivare la minaccia biblica si può, ora sta a noi percorrere il cammino del cambio e far sì che esso accada, prima di tutto dentro di noi.
Christine Michel F.